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venerdì 15 luglio 2016

Nizza, io cosa posso fare?

Oggi avrei voluto pubblicare un post sul concerto che ho seguito ieri sera, alla Cavea del Parco della Musica, ma non me la sento proprio. Lo farò più avanti.

Ma oggi proprio no. Stanotte, rientrata a casa, prima di addormentarmi ho scattato una foto dalla finestrella di casa mia da cui fra i palazzi si intravedeva la faccetta silenziosa e luminosa della luna, circondata da qualche nuvoletta.

Moonlight thinking of Nizza
Poi ho dato l'ultima occhiata ai social, e ho tristemente scoperto quello che era accaduto da pochissime ore. Un camion si era scagliato fra la folla in festa radunatasi per i fuochi d'artificio in occasione dell'anniversario della presa della Bastiglia. Nizza.

Per un istante ho avuto la sensazione tipica che preannuncia uno svenimento. Mi si sono tappate le orecchie, ho dovuto chiudere gli occhi. Son rimasta immobile, seduta per qualche minuto.

Come sempre, anche ieri sera ho fatto tutto di corsa per raggiungere il luogo del concerto, rientro dal lavoro, doccia, non mi asciugo neanche i capelli (ci penserà il vento, mi dico), cucino al volo l'hamburger che avevo previsto per cena, mangio, lavo i denti, mi vesto, scappo di corsa a Termini.

Arrivo al concerto. Un fiume di gente, in ritardo come me (il bello di essere italiani, e romani - ok di adozione), in fila all'ingresso. Trovo il posto che avevo prenotato, mi siedo (il vento nel frattempo ha asciugato i miei capelli). Faccio la prima cosa che fanno tutti gli organizzatori di eventi, maniaci come me: osservo il palco, le strutture, la disposizione delle sedute degli orchestrali, del pianoforte, i microfoni, sbricio l'impianto audio e quello luci; do un'occhiata al parterre e alle tribune, sembra una grande festa, è pieno di gente. Vi starete chiedendo: "ma non avevi detto che non volevi parlare del concerto?". Sì infatti. Non voglio. L'ultimo sguardo, che è stato anche il primo non appena in fila all'ingresso, è stato per la sicurezza. E' stato quello il momento in cui ho pensato al Bataclan, è stato quello il primo momento della serata in cui ho pensato: "e se stasera succedesse anche a me, qui, ora", in un istante ho guardato la seduta della fila davanti a me, ho calcolato che in fondo sono piccoletta, se mi rannicchio non mi si vede. Lo confesso, un pensiero stupido. Ma io l'ho avuto.

Nonostante la squisitezza del concerto, ho pensato più volte, per brevi istanti, al Bataclan mentre ero lì.

Per rientrare a casa, sono passata da Termini, scendendo dall'autobus noto quattro volanti della Polizia, in una piazza dei Cinquecento abitata dal suo consueto popolo della notte: passeggeri sugli autobus in partenza per l'ultima corsa, alcuni turisti in partenza o appena arrivati, senzatetto sul cartone che li accoglierà sotto il chiarore dell'ultima luna e il venticello estivo di questo 14 luglio, ormai 15, è passata la mezzanotte.

All'ingresso della stazione c'è il cambio della guardia, sono i militari dell'esercito. Attraverso la stazione, cammino verso casa, dovrei sentirmi al sicuro con tutta quella Polizia e quei militari, eppure... mi chiedo, ma come mai così tanti stasera?

La risposta la conoscete. Il senso di nausea è tornato più volte da questa notte. Le lacrime agli occhi anche.

Io, in tutto questo, cosa posso fare per arrestare quest'odio? Ognuno ha la sua risposta.

La mia non l'ho ancora trovata. Ma ho una certezza.

Non rinuncerò all'amicizia del mio vicino Siriano, né a quella del mio fruttivendolo Egiziano
(preciso: sono solo esempi rappresentativi e non esaustivi, delle decine di amici non italiani o con religione diversa dalla mia, che impreziosiscono la mia vita).

No. Non ci rinuncio.


sabato 14 novembre 2015

Coltiviamo le differenze

Qualche mese fa, lo scorso inverno, sono stata a Parigi per la prima volta, ne ho raccontato in un post.

Arrivai in città a pochissimi giorni dalla strage di Charlie Hebdo. Parigi fiera, bella più che mai, piena di gendarmi per strada, ma con discrezione, con estremo e disarmante rispetto per quelle libertà, fraternità e uguaglianza che furono conquistate a suon di teste decapitate, qualche centinaio di anni or sono.

Ieri la storia si è ripetuta, uguale a se stessa: stragi a Parigi, la nostra bella Parigi, l'eterna città dell'amore, della libertà, della fraternità e dell'uguaglianza.

Non esprimo opinioni, non giustifico e non accuso. Io non so. Per questo rabbiosamente taccio.
Condivido una delle foto che ho scattato a Parigi lo scorso gennaio, all'ingresso dell'accademia di belle arti.

Per tutto il resto, taccio.
Parigi || Nancy Sasso

sabato 18 luglio 2015

Parigi, la mia prima volta!

Sto scegliendo la prossima meta per le vacanze estive; indecisa fra mare, relax o sola cultura, rivolgo i miei pensieri all'ultima città, meravigliosa, visitata quest'anno in pieno inverno ... Parigi. Pochi giorni in cui ho vissuto la città della Belle Époque quasi fossi parte integrante di quel Paese.

Non conosco un'acca di francese, sono partita da Roma da sola, e atterrata a Parigi Beauvais in serata, ho gli occhi sgranati per capire dove andare e come fare per raggiungere la mia amica Chiara che è già in città dal pomeriggio. I francesi non parlano l'inglese e figuriamoci l'italiano... ma niente panico!
Prendo il primo autobus (viaggiare da soli ha il grande vantaggio di potersi intrufolare ovunque e di riuscire a trovare posto sempre, senza dover aspettare il prossimo turno), un'ora di viaggio e comincio a intravedere mille luci e un faro lontanissimo... O mio Dio è la Torre!!! Non ho mai capito cosa la gente ci trovasse di così affascinante in quel pezzo di ferro... finché non ha stregato anche me!

Insomma l'autobus giunge in un parcheggio buio, dall'altro lato della città rispetto alla mia meta, intorno alle 22:30; mi dirigo verso un segnale che sembra indicare la "Metropolitain", passo all'interno di un mega centro commerciale, chiuso a quell'ora, ma ugualmente elegantissimo, e prendo il primo treno.
La mia meta è Hôtel de Ville (palazzo del municipio parigino, il nostro Campidoglio a Roma). Arrivo a destinazione, esco dalla metro e mi ritrovo davanti uno spettacolo incantevole, la sensazione è quella di essere stata catapultata indietro nel tempo, tutto mi porta ai primi del '900, un sogno; a riportarmi nel convulso 2015 gli striscioni (raffinati persino quelli) che cadono giù dal piano più alto del municipio, ricordano la strage di pochi giorni prima: "Paris est Charlie".

E sì, è il 15 gennaio, una settimana dalla strage alla redazione di Charlie Hebdo. Ma Parigi resta la ribelle di sempre e non si lascia piegare, ma dispiega le armi e maestosa scende all'attacco.
E' questo uno degli aspetti più affascinanti della capitale francese, non si difende mai, attacca.

Proseguo la ricerca dell'Airbnb in cui Chiara mi sta aspettando, probabilmente anche un po' preoccupata, mentre scatto foto, parlo con la gente, un po' in inglese, un po' in italiano e persino con qualche nota spagnola (un minestrone). Trovo la via di casa grazie a una gentilezza mai assaporata (eppure mi avevano descritto i parigini in modo pessimo! Tutte fandonie!).
Una signora mi colpisce, qualche anno più di me, sta rientrando a casa dal lavoro con un collega, è la personificazione della raffinatezza delle donne parigine, nel vestire, nei capelli, nel portamento, nel modo di porsi... insomma la mia breve vacanza è appena cominciata e io sono strafelice e strainnamorata!

Non ho con me la reflex, né la powershot, scatto con il cellulare, ma soprattutto con il cuore. I suoni di Parigi, i colori, il cielo così romantico, e le vette dei palazzi che sembrano sfiorarlo quasi a volerlo accarezzare. E poi la musica: ragazzi, la musica a Parigi è un'altra cosa, Parigi è musica, in ogni angolo, in ogni piccolo locale. Una città da vivere, una cultura da condividere.

Trovate qualche mio scatto subito sotto, e un mini video in cui riprendo una big band alquanto surreale che si esibisce davanti all'Opéra de Paris.

Torno alla scelta della prossima meta, come sempre grazie, au revoir.





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